La democrazia pakistana
sta per implodere?

18/08/2014

Il partito dell’ex giocatore di cricket Imran Khan, Tehreek-e-Insaf, ha chiesto le dimissioni del premier Nawaz Sharif denunciando i brogli avvenuti alle ultime elezioni. Tehreek-e-Insaaf non è solo un partito politico, ma rappresenta anche un ampio movimento sociale (il movimento Azadi, o movimento per la libertà) desideroso di ripulire il sistema politico dalla corruzione e dal malaffare.

Khan ha saputo guadagnarsi l’appoggio di un’ampia fetta di popolazione, convinta che l’attuale élite sia corrotta e incapace di guidare il paese e potrebbe portare in strada centinaia di migliaia di manifestanti.

Il partito di Khan gode anche della simpatia di Tahrir-ul-Qadri, un religioso rientrato recentemente dal Canada in Pakistan che ha organizzato un movimento, l’Awami Tehreek, per organizzare la rivoluzione e abbattere l’attuale sistema politico.

Pur condividendo parte del programma, i due movimenti hanno una differenza fondamentale: Khan continua a utilizzare mezzi legali per ottenere nuove elezioni mentre Qadri si è appellato direttamente all’esercito per rovesciare l’attuale regime e creare un nuovo sistema politico più “giusto”.

Il partito al potere, la Lega Musulmana, guarda con preoccupazione all’ascesa dei due movimenti: da giugno si succedono scontri, a volte sedati dalla polizia con l’aiuto dell’esercito. Negli ultimi tempi i militari, il cui ruolo politico era stato drasticamente ridimensionato, sono di nuovo chiamati a intervenire nella democrazia pakistana, non solo per sedare le recenti manifestazioni, ma anche per l’offensiva contro i jihadisti nel Waziristan del Nord.

L’esercito non ha simpatia per Qadri e Khan. Ma se la situazione degenerasse potrebbero approfittarne per intervenire e guadagnare maggiore influenza nel panorama politico del paese.

L’opinione pubblica è in subbuglio e una fetta sempre più ampia del paese crede che solo una rivoluzione religiosa possa porre fine ai problemi del paese.

L’esercito però è molto impegnato nella lotta contro le tribù ribelli della regione di confine con l’Afghanistan e soprattutto nelle costanti estenuanti trattative con i Talebani. Né le istituzioni civili né quelle militari paiono oggi capaci di mantenere la coesione e la pace sociale nel paese.

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