Cipro: la riapertura dei negoziati
e l’incognita del referendum

04/06/2014

Dopo decenni di immobilismo, a febbraio di quest’anno sono ripresi i negoziati per risolvere la questione di Cipro. In una dichiarazione congiunta, il presidente greco-cipriota Nicos Anastasiades e il suo omologo turco-cipriota Dervis Eroglu hanno dichiarato di voler creare una “federazione bi-comunale e bi-zonale con uguaglianza politica delle due unità componenti”. Tutti gli abitanti dell’isola avrebbero un’unica cittadinanza cipriota e sarebbero sottoposti a leggi federali comuni. Perché questo avvenga, l’accordo deve essere approvato dai cittadini delle due comunità, attraverso un referendum.

Dal 1974 − quando la Turchia invase il nord dell’isola dopo un colpo militare appoggiato dalla Grecia − Cipro è di fatto divisa in due: a nord – in circa un terzo del paese − vivono per lo più Ciprioti turchi, mentre nei restanti due terzi è concentrata gran parte dei Ciprioti greci. L’Onu stima che dal nord fuggirono o furono espulsi circa 165000 Ciprioti greci e lo stesso accadde a 45000 Ciprioti turchi che vivevano nella parte meridionale. Le Nazioni Unite controllano una zona cuscinetto tra le due parti, comunemente conosciuta come “Linea Verde”. Nel 1983 la Repubblica turca di Cipro del Nord si proclamò indipendente, ma solo la Turchia la riconobbe.

Agli inizi del 2000 l’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan presentò un piano per creare la Repubblica Unita di Cipro, una federazione composta di due stati, ciascuno con la propria assemblea regionale ma con un parlamento federale comune. Il piano prevedeva anche una combinazione di restituzioni di proprietà e indennizzi tra le due comunità. La proposta di Annan fu sostenuta apertamente dalla Turchia e dall’Unione Europea, mentre la Grecia rimase neutrale. Al referendum del 2004 due terzi della comunità turco-cipriota votò favorevolmente, mentre più del 75% di quella greco-cipriota si oppose. L’esito del voto congelò i negoziati per un decennio.

Lo status delle truppe straniere presenti a Cipro costituisce un problema ulteriore. Oltre a truppe greche e turche, l’isola ospita anche una base navale inglese e un accordo del 1960 attribuisce ancora oggi a Regno Unito, Grecia e Turchia il diritto di intervenire militarmente negli affari dell’isola. Data la posizione strategica di Cipro nel Mediterraneo Orientale, Atene, Ankara e Londra non sono affatto disposte a rinunciare alla loro presenza militare sull’isola.

Le discussioni e le polemiche fervono a Cipro, in vista del referendum. La crisi economica e la scoperta di giacimenti di gas nelle acque territoriali cipriote e israeliane hanno cambiato le prospettive. Se l’accordo fosse raggiunto, si potrebbe costituire un consorzio fra Cipro, Turchia e Israele per sfruttare in comune i giacimenti di gas. Ma attualmente la Turchia non riconosce il diritto del governo greco-cipriota di firmare accordi internazionali di nessun genere, e minaccia di intervenire militarmente se lo facesse. Israele e Turchia potrebbero sviluppare un accordo a due, ma le condutture dovrebbero passare in acque territoriali cipriote, e il governo greco-cipriota non lo permetterebbe. La pacificazione con Cipro e la definizione di un accordo sul confine marittimo turco-cipriota sono fondamentali per la Turchia per poter realizzare un gasdotto fino al giacimento Leviathan. Cipro, d’altra parte, potrebbe risanare la propria economia con i proventi dell’estrazione e della vendita di energia. Israele sarebbe felice di fornire energia ai propri vicini con gasdotti che passano per Turchia, Egitto e Giordania, rafforzando così la sua rete di alleanze nella regione. Tutti ne beneficerebbero. Ma molti Ciprioti greci sono ancora scettici circa la possibilità di spartire potere e pari diritti politici con la minoranza del nord. Il dialogo prosegue con incontri bisettimanali, ma alla fine la decisione di poche centinaia di migliaia di votanti conterà più di qualsiasi accordo tra leader o attori regionali. 

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