Come cambia la visione della guerra
e la strategia degli USA

13/04/2014

Negli anni Novanta, finita la guerra fredda, si riteneva che la guerra convenzionale tra paesi sviluppati fosse superata e che compito primario dell'esercito non fosse più la guerra, bensì le operazioni di peacekeeping, il soccorso nei disastri, il rovesciamento dei regimi oppressivi.

Dopo l'11 settembre la priorità diventò avere la meglio nelle guerre asimmetriche e nella guerra al terrorismo. I conflitti simmetrici in cui due nemici paritetici - due stati - si affrontano disponendo grosso modo dello stesso tipo di armamenti, sembravano appartenere al passato.

Lo stesso si pensava delle guerre sistemiche. Ogni secolo è stato caratterizzato da guerre sistemiche, che coinvolgevano l'intero sistema internazionale (che a partire dal XIV secolo fu sempre più dominato dall'Europa). Nel XX secolo ci furono due Guerre Mondiali, nel XIX secolo le Guerre Napoleoniche, nel XVIII secolo la Guerra dei Sette Anni, nel XVII secolo la Guerra dei Trent'anni…

Le guerre asimmetriche e le operazioni collaterali alla guerra sono sempre esistite, anche all'epoca dei conflitti fra stati e delle guerre sistemiche. La Gran Bretagna combatté guerre asimmetriche contro l'Irlanda e l'America del Nord nel contesto di un conflitto simmetrico con la Francia. La Germania combatté una guerra asimmetrica in Yugoslavia durante la seconda guerra mondiale. Gli USA combatterono una guerra asimmetrica nelle Filippine, in Nicaragua, ad Haiti e in altri luoghi tra il 1900 e il 1945.

 Le guerre asimmetriche e le operazioni collaterali alla guerra sono sempre state più diffuse e più pregnanti rispetto ai conflitti simmetrici e alle guerre sistemiche, ma meno pericolose. Così come la sconfitta degli Inglesi in America del Nord non compromise il potere britannico, raramente l'esito di una guerra asimmetrica definisce il potere nazionale e il sistema internazionale sul lungo termine. La guerra asimmetrica non è un nuovo stile di guerra; è la dimensione permanente della guerra. I conflitti simmetrici e le guerre sistemiche sono invece molto meno frequenti, ma di fondamentale importanza. Per gli Inglesi più che il risultato della rivoluzione americana è stato importante l'esito delle Guerre Napoleoniche. Per gli USA più che il risultato dell'intervento ad Haiti è stato importante l'esito della Seconda Guerra Mondiale. Le guerre asimmetriche sono numerose e la sconfitta in una di queste non sconvolge il potere nazionale. La sconfitta in una guerra sistemica è invece una catastrofe.

L’ Ucraina ci obbliga a ripensare alla nostra visione della guerra. Anche se l'esercito americano non è intervenuto e la Russia non è pronta a combattere gli USA, gli eventi in Ucraina dimostrano in primo luogo che il potere degli stati non è fisso, bensì variabile nel tempo, e in secondo luogo che possono riemergere forti divergenze di interessi fra due stati. L'Ucraina ci ricorda che la guerra simmetrica è ancora possibile. Ed è ancora possibile la guerra sistemica, se l’ordine internazionale viene minacciato.

Per capire le minacce all’ordine internazionale occorre tener conto del fatto che la potenza egemone è quella che controlla le rotte marittime. Bombe, atti di terrorismo, missili possono provocare enormi danni, ma lo stato che ne è colpito sopravvive, continua a difendersi e può vincere se controlla le rotte marittime, perché può ricevere rifornimenti da qualunque parte del mondo e impedire che lo stato nemico ne riceva.

Oggi la potenza egemone globale sono gli USA. La minaccia al controllo dei mari da parte degli USA è costituita da flotte nemiche. Il modo migliore per evitarla è impedire che le flotte vengano costruite, e perché ciò accada è necessario mantenere l'equilibrio dei poteri in Eurasia, lasciando che in Eurasia ci siano tensioni continue fra gli stati, così che le risorse siano spese per difendersi dagli attacchi via terra invece che per armare flotte.

Le tensioni in Eurasia sono endemiche, perciò di solito gli USA non devono preoccuparsi, né debbono intervenire. In altri casi devono inviare l'esercito o aiuti economici a una o a entrambe le parti. In altri casi ancora si limitano a fornire consigli.

Il principale obiettivo degli Stati Uniti in Europa e in Asia è di evitare l'emergere di una potenza egemone regionale che sia al sicuro da possibili invasioni territoriali e abbastanza potente da sfidare la flotta americana. Questa è sempre stata la strategia degli USA. Nella Prima Guerra Mondiale gli USA non scesero in campo fino a quando capirono che, con l'abdicazione dello zar Nicola II e la crescente aggressività della flotta tedesca, gli Inglesi e i Francesi potevano essere sconfitti e i Tedeschi avrebbero potuto bloccare le rotte marittime. Soltanto a quel punto gli USA intervennero per bloccare la potenza tedesca. Nella Seconda Guerra Mondiale gli USA non si mossero fino alla capitolazione della Francia e al pericolo imminente che anche la Russia facesse la stessa fine. Ma fu soltanto dopo che Hitler dichiarò guerra agli USA e i Giapponesi attaccarono Pearl Harbor che il Congresso approvò il piano di Roosevelt e gli USA fecero il loro ingresso nel conflitto.

Perché questa strategia – che gli Americani hanno ereditato dagli Inglesi – funzioni, gli USA debbono poter contare su un efficace sistema di alleanze. La strategia dell'equilibrio dei poteri presuppone di avere alleati interessati a battersi contro i propri nemici regionali: alleati in grado di difendersi da soli, e che per la loro posizione geografica hanno a che fare con potenze egemoni particolarmente aggressive. L’alleanza funziona se il buon risultato di un eventuale conflitto è più importante per gli alleati che per gli USA.

La NATO, di fondamentale importanza durante la Guerra Fredda, potrebbe non essere più altrettanto efficace o pertinente nel contesto del nuovo scontro tra USA e Russia. Molti dei paesi membri non hanno una posizione geografica che permetta loro di avere un ruolo determinante, oppure non sono efficaci dal punto di vista militare e non potrebbero dunque mai fronteggiare la Russia. Poichè la strategia dell'equilibrio dei poteri può evitare la guerra se è efficace nel contrastare l'emergere di una potenza regionale, la mancanza di un deterrente regionale efficace è un problema non da poco. Ma non è detto che i pericoli per la potenza americana provengano dalla Russia. Molti temono di più la Cina, ma al momento la Cina non è pericolosa. Inoltre il Mar Cinese meridionale e orientale è costellato di strettoie che potrebbero essere chiuse con facilità dalle navi dei paesi vicini, anche se molto meno potenti, come la Corea del Sud e il Giappone, che perciò sono e saranno gli alleati chiave degli USA per contrastare l'emergere della Cina.

Un ulteriore problema per gli USA è la distanza. Serve tempo per schierare un esercito altamente tecnologico in Eurasia. Gli USA devono puntare sull'alta tecnologia nei conflitti in Eurasia perché è ovvio che saranno sempre numericamente inferiori, e perché i nemici possono chiudere con facilità i canali di rifornimento logistico, come è successo durante la guerra in Afghanistan, quando sia il Pakistan sia la Russia hanno esercitato un grande potere di ricatto sulle forze NATO, bloccando i canali di rifornimento. Perciò gli USA si concentrano sul mantenimento del controllo dei cieli e dei mari e sulla costruzione di forti alleanze con paesi capaci di combattere via terra le potenze egemoni regionali e di offrire basi logistiche sicure.

Il commercio globale e l'import-export di energia si stanno sviluppando – e continueranno a farlo – in modo esponenziale fra le sponde dell'Oceano Pacifico e Indiano. L’Oceano Indiano sta diventando la rotta principale per i trasporti fra Cina e Europa, fra Cina e Medio Oriente, fra Cina e Africa, oltre che fra l’ India e il resto del mondo. Sta diventando il cuore strategico del mondo.

Perciògli USA si stanno organizzando per spostare la propria flotta in Medio Oriente dalla base nel Bahrein al porto di Duqm in Oman, che si sta sviluppando a grande velocità. Duqm è ancora sconosciuto ai più, ma nei prossimi anni diventerà uno dei porti più importanti al mondo. Su 80 chilometri di costa sorgerà uno hub grande come quello di Singapore, che oltre al porto conterrà impianti ittici, una raffineria, un nodo di transito dei prodotti petrolchimici, un nodo ferroviario, impianti per il trattamento dei minerali, un impianto di desalinizzazione, un ospedale, un centro commerciale, una scuola internazionale, un centro cittadino e una zona turistica. Ovviamente l'aeroporto avrà lo scalo merci. Le piste di atterraggio sono già pronte e sono lunghe abbastanza da consentire l'atterraggio di voli intercontinentali.

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