L'Egitto
senza gas

21/03/2014

Dopo i black-out degli scorsi mesi, l’Egitto subirà interruzioni dell'energia elettrica durante l'estate. Secondo il Ministero del Petrolio, l'Egitto dovrà importare gas naturale per 1 miliardo di dollari nei prossimi mesi per soddisfare la domanda di energia del paese. Eppure l’Egitto è un produttore di gas naturale. Il problema è che i prezzi del gas sul mercato domestico sono sussidiati, sono inferiori al costo di estrazione e molto inferiori al prezzo pagato dai clienti esteri. Se l’Egitto indirizza tutto il suo gas al mercato domestico, non soltanto lo vende in perdita, ma non recupera la valuta straniera necessaria per pagare le importazioni di cibo – fondamentali, poiché l’Egitto non riesce ancora a raggiungere l’autosufficienza alimentare.

L'estate scorsa un black-out durato sette ore ha lasciato al buio le imprese e gli utenti in tutto il paese proprio nei giorni in cui l'ex presidente Morsi venne deposto. Una delle accuse che il Tamarod − movimento popolare di opposizione − rivolgeva ai Fratelli Musulmani, era proprio quella di non essere stati capaci di risolvere i problemi energetici del paese. Ma qualsiasi governo si troverà con questa gatta da pelare.  

Dal 2003 l'Egitto riusciva a produrre un surplus di gas naturale che vendeva in Asia e in Europa; si trattava di un'importante fonte di reddito per il paese. Ma la popolazione egiziana, cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi 30 anni, aveva bisogno di più gas. A partire dal 2009 il consumo domestico è cresciuto del 24%, mentre la produzione è scesa del 3%. Si prevede che entro luglio il consumo di gas supererà la produzione, e il divario crescerà di 1,74 miliardi di metri cubi all'anno.

Considerato questo scenario, l'Egitto è obbligato a importare gas.

Durante l'amministrazione Morsi l'Egitto aveva chiesto aiuti internazionali per risanare l'economia nazionale. Il Fondo Monetario Internazionale aveva offerto un prestito di 4,8 miliardi di dollari, ma a condizioni severe, che comprendevano la riforma dei sussidi all'energia. Morsi era ricorso all’aiuto dei Paesi del Golfo. Il Qatar ha così colto l'occasione per aumentare la propria influenza nella regione, appoggiando i Fratelli Musulmani, unico paese del Golfo a farlo. Il Qatar ha inviato numerosi carichi di gas naturale liquefatto all'Egitto per alcuni mesi. I carichi provenienti dal Qatar sono stati usati anche per le consegne che l’Egitto s’è impegnato a fare all'inglese British Gas e alla francese GDF Suez, attive in Egitto, in modo da permettere loro di adempiere agli obblighi di esportazione verso l'Europa e l'Asia. Ma dopo la deposizione dei Fratelli Musulmani, i rapporti tra Qatar ed Egitto si sono guastati. Il Qatar ha interrotto la fornitura di GNL, e le imprese straniere non sono più riuscite a rispettare i contratti di esportazione. La mossa del Qatar va vista all’interno della recente spaccatura del Consiglio di Cooperazione del Golfo. L'Egitto continua comunque a ricevere aiuti in petrolio dagli altri vicini arabi.

Il Cairo si trova davanti a due opzioni, ma nessuna delle due è davvero una soluzione. La prima opzione è importare gas naturale da Israele, utilizzando il gasdotto che attraversa il Sinai, che però è stato ripetutamente sabotato da terroristi (nel 2014 è già stato attaccato cinque volte). L'esercito potrebbe proteggere il gasdotto, ma ci vorrebbe comunque tempo e denaro per apportare le modifiche necessarie alle stazioni di pompaggio così da poter invertire il flusso di gas. Israele ha deciso di esportare il 40% del gas estratto nei giacimenti di Tamar e Leviathan, il che può aumentare di molto il suo peso politico nella regione. Ma dipendere dalle forniture di gas israeliane danneggerebbe l’immagine di qualunque governo in Egitto.

La seconda opzione è affittare un terminal galleggiante per lo stoccaggio e la rigassificazione del GNL, e aumentare l’importazione di GNL. Il governo ha indetto una gara d'appalto nell'ottobre 2013, vinta dalla norvegese Hoegh LNG nel gennaio 2014. In seguito però l'impresa norvegese si è tirata indietro, ritenendo che il governo non sarebbe stato in grado di pagare i 250 milioni di dollari previsti per il noleggio. Sul mercato ci sono altri terminal da noleggiare, ma occorrono dai 6 ai 12 mesi per installare il terminal, quindi non saranno pronti per l'estate.

L'Egitto potrebbe cercare di ottimizzare la produzione e il consumo nazionale, ma non è cosa né rapida né facile. I sussidi all'energia, che ammontano a circa il 10% del PIL egiziano, hanno incoraggiato un consumo eccessivo. Le amministrazioni precedenti hanno cercato di ridurre i sussidi, ma il timore di scatenare rivolte ha fatto sì che qualsiasi revisione si concludesse con un nulla di fatto.

Mentre i sussidi continuano a danneggiare l'economia egiziana, il governo deve riuscire ad attirare investimenti stranieri per avere il capitale e le tecnologie necessarie per aumentare la produzione. Gli attuali impianti di estrazione stanno diventando obsoleti, aumentare la produzione è difficile e costoso. Ci vorranno anni prima che ipotetici investimenti riescano ad ammodernare le strutture, e nel frattempo quelle già presenti continueranno a deteriorarsi.

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