La collaborazione fra Israele
e Giordania

21/01/2014

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato re Abdullah di Giordania il 16 gennaio scorso. Si tratta di uno dei tanti incontri informali che permettono ai due paesi di collaborare da molti anni su questioni economiche di importanza strategica, oltre che su questioni di sicurezza, e che beneficiano anche i territori palestinesi del West Bank.

Delek Group e Noble Energy, le due aziende che guidano il consorzio per lo sviluppo dei giacimenti offshore israeliani di gas naturale, stanno per firmare un accordo di fornitura di gas alla giordana Arab Potash Company, che opera sulle sponde del Mar morto. L’industria giordana ha anche problemi di insufficienza d’acqua, ma a dicembre 2013 Israele, la Giordania e l’Autorità Palestinese hanno firmato un accordo che prevede che Israele fornirà dal Mar di Galilea 20 milioni di metri cubi di acqua annui alla Giordania e 30 000 metri cubi annui all’Autorità Palestinese. Più di 20 000 metri cubi annui verranno forniti all’Autorità Palestinese da un impianto di desalinizzazione ad Aqaba, che verrà costruito da Israele entro i prossimi cinque anni per fornire sia la Giordania sia Israele, con condutture che risaliranno la valle del Giordano e del Mar Morto.

La primavera araba del 2011 in Egitto ha rimesso in discussione le forniture di gas dall’Egitto a Israele attraverso condutture che partono da el Arish e raggiungono Ashkelon in Israele e Aqaba in Giordania. Da allora gli attentati alle condutture sono diventati frequentissimi, le forniture sono state sospese, e non è pensabile che il nuovo regime militare egiziano intenda ripristinarle a breve, contro le convinzioni di larga parte dell’opinione pubblica. C’è dunque una certa urgenza sia in Israele sia in Giordania nel trovare alternative alle forniture egiziane. Le forniture di gas dall’Egitto alla Giordania sono diventate sporadiche, e raggiungono a malapena un quinto delle quantità contrattuali. La Giordania alimentava le centrali elettriche soprattutto col gas egiziano, mentre ora è costretta a importare petrolio dai paesi del Golfo, con un costo annuo aggiuntivo di 2 miliardi di dollari l’anno. L’aumento del costo dell’energia provoca l’aumento dei prezzi all’interno, anche per i beni di prima necessità, e fomenta lo scontento nei confronti del governo. Anche per questo Amman ha bisogno di trovare fonti alternative di energia, più economiche di quelle attuali.

Per Israele la pace e la collaborazione con la Giordania sono una priorità strategica, perciò è disposta a fornire alla Giordania gas a basso costo dai propri fondali. A novembre l’Alta Corte di Giustizia ha approvato la decisione del governo israeliano di destinare il 60% della produzione di gas al consumo interno e il 40% all’esportazione. L’esportazione di gas naturale liquefatto verso i paesi asiatici sarebbe probabilmente più conveniente dal punto di vista economico rispetto alle condizioni promesse ad Amman, ma Israele vuole dare priorità alla collaborazione con la Giordania e con altri paesi della regione, se possibile; ecco perché continua a rimandare la decisione di costruire un terminale per esportare gas liquefatto.







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