Il futuro
della guerra

30/10/2013

Riassumiamo la discussione fra George Friedman e Robert D. Kaplan, analisti di STRATFOR, su come è cambiata e sta cambiando la guerra. È un argomento poco piacevole, poco discusso, ma proprio per questo è meglio affrontarlo.

Dato per scontato che la guerra non sparirà nella storia, perché è parte della condizione umana, è però probabile che si tratterà di guerre diverse da quelle che abbiamo conosciuto in passato. In passato la guerra era circoscritta in spazi ridotti, con grande densità di truppe, oggi le guerre si combattono invece su vastissimi terreni in cui il nemico, irregolare o guerrigliero, è molto difficile da trovare e identificare. Nel mondo post-11 settembre la guerra consiste nel dare la caccia, con armi molto precise e in vastissimi spazi, a individui nascosti per lo più in centri urbani densamente popolati. È un modo di fare la guerra completamente diverso rispetto alla Guerra di Corea o alla Seconda Guerra Mondiale.

Non si può sapere se ci saranno ancora conflitti “tradizionali” fra stati, ma è certo che saranno diversi, data la maggior precisione delle armi già a partire dagli anni ’70. Nella Prima Guerra Mondiale si dice che furono usate 10.000 pallottole per ogni uomo colpito. Oggi con le armi tele-guidate la letalità è aumentata incredibilmente: per distruggere un bersaglio non è più necessaria una flotta di aerei ma è sufficiente un singolo aereo con un singolo missile. Quest’aumento di precisione letale pone problemi etici perché raid così mirati, con un’accuratezza dell’80-90% nel colpire, sono sentenze di condanna a morte. Ma non è un paradosso che si giudichino moralmente meno corrette queste azioni mirate, condotte spesso da aerei senza pilota, rispetto ai grandi bombardamenti a tappeto del passato, con strage di innocenti e ingenti danni collaterali? La domanda da porsi è piuttosto se questa trasformazione dei conflitti costituisce ancora propriamente una guerra, oppure è qualche cosa di differente. Si tratta di attività militari o di azioni di polizia internazionale?

Tuttavia queste azioni mirate fanno parte di una politica di sorveglianza e deterrenza che è sempre esistita. Gli Inglesi la attuarono in India, gli Americani in Nicaragua e nelle Filippine. Saranno tutti così i conflitti futuri? Nei decenni passati si diceva che tutte le guerre sarebbero state nucleari, oggi si dice che tutte le guerre saranno azioni di contro-insurrezione, senza più scontri sistematici fra grandi potenze. Ma è un’affermazione molto discutibile. Le guerre tra stati esistono da millenni, non c’è ragione di pensare che nel XXI secolo non ce ne saranno. La guerra fra Iran e Iraq, ad esempio, combattuta solo 25-30 anni fa, fu una guerra interstatale totale, paragonabile alla Prima Guerra Mondiale. Se guardiamo alle tensioni in Medio Oriente e al riarmo in Estremo Oriente appare sempre più discutibile l’idea di un futuro senza conflitti armati “tradizionali”.

L’impatto delle nuove tecniche di guerra, evidente in casi come quello afghano, è applicabile a conflitti fra potenze “alla pari”? Non lo sappiamo. Guardiamo quale fu l’impatto delle nuove tecniche sulle guerre fra stati del passato. Durante il conflitto arabo-israeliano del 1973 le truppe corazzate israeliane subirono forti perdite ad opera della fanteria egiziana armata di missili anti-carro di produzione sovietica. Tutte le armi di successo della Seconda Guerra Mondiale − i carri armati, i bombardieri, le portaerei, persino i sommergibili − presentano oggi adeguate temibili contromisure. Per quanto siano stati violenti i conflitti recenti in Afghanistan, in Iraq e oggi in Siria, non possono essere considerati un test di come stia evolvendo davvero la guerra. C’è sicuramente una rivoluzione nelle tecniche di guerra, ma le abbiamo viste applicate soltanto in teatri molto limitati e in condizioni ambigue, non in conflitti fra belligeranti alla pari. Se e quando ci sarà un conflitto fra stati, ci troveremo di fronte a una situazione completamente nuova.

Nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Cinese Orientale c’è una corsa al riarmo, in particolare delle flotte, di Paesi storicamente in contrasto fra loro. È una zona del mondo dove la pace, dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, è sostanzialmente mantenuta dalla presenza della marina militare americana. Tuttavia, il dominio unipolare dei mari è ancora in mano agli Stati Uniti? Cambierà? Sta già cambiando?

Gli Stati Uniti dominano i mari grazie alla capacità di mantenere il controllo globale, mentre concentrano forze schiaccianti in punti localizzati. Questo controllo si basa sull’insieme di forze aeree, navali e sottomarine. Tuttavia tale potere è ancora effettivo? Vedremo guerre navali asimmetriche con attacchi suicidi in stile Afghanistan e Iraq? Oppure attacchi di massa di piccole imbarcazioni come già fecero gli Iraniani nel Golfo Persico? Un attacco terroristico agli strumenti con cui gli USA controllano i mari c’è già stato: fu attaccato il cacciatorpediniere americano Cole, e si trattò di un atto di guerra asimmetrico molto letale.

La prossima guerra fra stati sarà decisa da fattori che oggi non siamo in grado di capire e di analizzare con certezza.

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