L'appuntamento dell'India
col destino

18/10/2013

Ecco alcuni estratti da ‘India’s Tryst with destiny’ di Robert D. Kaplan e Michael Nayebi-Oskoui, pubblicato da Stratfor il 9 ottobre 2013. Godetevi il taglio geopolitico e il piglio brillante di questa presentazione dei candidati alle prossime elezioni in India.

Narendra Modi, il carismatico governatore del Gujarat dell’India Nord-Occidentale, probabilmente correrà per la poltrona di primo ministro contro Raul Gandhi, pronipote del padre politico della moderna Repubblica Indiana, Jawaharlal Nehru.

[…] Modi attualmente rappresenta il partito nazionalista indù BJP, o Bharatiya Janata Party (Partito Popolare Indiano) ma, persino all’interno del BJP, è visto come una figura controversa. Basta la parola “Modi” in India per connotare gli eventi scioccanti del Febbraio 2002 in Gujarat, quando Modi, secondo l’opinione comune, giocò un ruolo decisivo come governatore indù in un pogrom che uccise 2.000 musulmani, portò allo stupro di 400 donne musulmane e lasciò 200.000 persone senza casa. Modi non ha mai ufficialmente chiesto scusa o offerto una chiara spiegazione degli eventi. Eppure durante i suoi quattro mandati da governatore Modi ha dimostrato una virtuosità finanziaria e un vigore burocratico molto efficienti, virtuosità che ha reso il Gujrat all’interno dell’India il leader nello sviluppo economico, tanto che anche i musulmani, come molti altri, sono accorsi nel Gujarat di Modi in cerca di lavoro.

Modi è un oratore ipnotico che, come dichiarano serie di dirigenti aziendali, offre il miglior modello di governance in un Paese pieno di corruzione e di burocrazie. L’azione del Febbraio 2002 l’ha fatto comparare ad Adolf Hitler, mentre l’ossessione nella gestione dei dettagli l’ha fatto paragonare a Lee Kuan Yew. Certamente Modi non è nessuno dei due. È un nuovo tipo di politico ibrido: uno che ci sa fare, ma che è anche manifestamente ambizioso. Dai tempi di Indira Gandhi (defunta nonna del suo avversario alle prossime elezioni di primavera) è il primo politico indiano veramente carismatico.

Rahul Gandhi è un guscio vuoto in confronto a Modi. Nonostante sia stato educato in scuole di élite, Gandhi è vicino alle sommità del potere solo per il nome e per le conoscenze della sua famiglia e non perché sia particolarmente brillante. […] In realtà, queste imminenti elezioni rivelano quanto l’India soffra di un profondo vuoto di leadership: l’unica scelta sembra essere fra un politico immischiato in violenze di massa inter-comunitarie e un altro che ha essenzialmente ereditato la posizione dalla famiglia.

Il sistema politico offre una scelta difficile agli elettori indiani, e anche l’India è a un bivio. […] Queste saranno le prime elezioni generali del decennio ad avvenire in un momento di rallentamento della crescita economica. Saranno le prime elezioni da quando nel vicino Sri Lanka è finita la guerra civile e il Paese si è palesemente rivolto alla Cina, mettendo a rischio l’equilibrio di potere in Asia Meridionale. Contemporaneamente, le truppe americane in Afghanistan diminuiscono cospicuamente […] Un riavvicinamento potrebbe profilarsi tra l’Iran e gli Stati Uniti. Il Bangladesh al confine nordorientale dell’India è quasi nel caos, come del resto lo è il Nepal alla frontiera settentrionale. Il Myanmar, anch’esso confinante con l’India a est, potrebbe lentamente disintegrarsi in regioni su base etnica e religiosa. La Cina è ai primi stadi di una tumultuosa transizione economica e sociale. Il Giappone è più nazionalista rispetto ai decenni passati ed è pronto a diventare un naturale alleato dell’India per bilanciare la Cina. Infine c’è il Pakistan, nemico giurato dell’India che, nonostante sia nelle mani di un primo ministro relativamente abile ed esperto, è istituzionalmente e strategicamente sempre più fragile. Il grande subcontinente è in movimento e, in questo panorama politico turbolento, il nuovo primo ministro indiano del 2014 avrà sempre meno spazi per errori di valutazione. Saranno necessari sia l’innovazione che la maturità.

[…] Rahul Gandhi crede che la crescita di gruppi indù radicalizzati sia per l’India un pericolo maggiore rispetto all’estremismo islamico. Ricordiamo che il Partito del Congresso (se comparato con il BJP) poggia la base del potere sui musulmani e sulle altre minoranze. La moderazione, quindi, è centrale nell’identità di Rahul. […] Nel perseguire la riforma economica, sarà ostacolato dal populismo del Congresso, dalla filosofia di governo pseudo-socialista e dall’identità storica forgiata ai tempi della lotta per l’indipendenza contro gli Inglesi.

Modi, d’altro canto, cercherà di essere indipendente nelle sue azioni, è una forza della natura noncurante della burocrazia e della nomenklatura di New Delhi. Probabilmente sarà pro-business con passione ideologica e vorrà rimuovere il più possibile la burocrazia dal debilitato sistema indiano. Per sviluppare ulteriormente i commerci bilaterali sarà pro-Cina, anche se sarà pure pro-militari e si avvicinerà al Giappone e all’Australia al fine di equilibrare la Cina. Inoltre vorrà anche avvicinarsi all’Iran per bilanciare provocatoriamente il Pakistan.

Se Modi avrà successo, l’India si muoverà coraggiosamente fuori dall’era post-coloniale di Nehru, caratterizzata da un élite amica del socialismo e prona alla burocrazia.

Ma è improbabile che vinca Modi: governare l’India da New Delhi non è come governare il Gujarat da Gandhinagar. L’India è semplicemente un vasto insieme di stati remoti, con proprie strutture di potere e forti identità regionali. Il sistema indiano – frutto della geografia dell’India − non è amico di dinamici promotori del cambiamento con tendenze dittatoriali e accentranti come Modi.

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