La Siria
vista dagli USA

25/06/2013

Il 13 giugno la Casa Bianca ha dichiarato che lo scorso anno in più occasioni il regime siriano ha usato armi chimiche contro i ribelli. Questa presa di posizione, accompagnata dall’ambigua promessa di incrementare il sostegno fornito alle fazioni più armate dei ribelli, avvicina ulteriormente gli USA a un nuovo, indesiderato coinvolgimento in Medio Oriente. Tuttavia, la Casa Bianca ha anche specificato che qualsiasi decisione relativa all’incremento del sostengo fornito ai ribelli sarà presa di concerto con partner e alleati, un processo diplomatico che potrebbe essere astutamente tirato per le lunghe. Ha inoltre aggiunto che si agirà nel rispetto degli interessi e degli obiettivi americani, ovvero che gli USA non si faranno coinvolgere in nessuna azione che non siano convinti di intraprendere.

Nei prossimi mesi si vedrà se gli USA riusciranno a trattenersi. Dopo aver riconquistato la regione strategica di Qusayr – importante per il controllo di Homs, crocevia tra Damasco e Aleppo – il regime siriano, sostenuto da Hezbollah e dai combattenti sciiti iracheni, si sta ora battendo per riconquistare il nord del Paese, con l’obiettivo di riprendere Aleppo, roccaforte dei ribelli. Ma la strada verso Aleppo è piena di insidie. Gran parte del territorio è controllato dai ribelli e per procedere verso nord servono scorte abbondanti di carburante e munizioni. Inoltre, i ribelli ricorrono spesso a congegni esplosivi improvvisati e imboscate. Nonostante l’aiuto fornito da Hezbollah, alle forze lealiste sono servite diverse settimane per riconquistare il Qusayr, peraltro situato all’interno della zona di influenza del regime. Sarà molto più complicato muoversi verso nord, conquistare villaggio dopo villaggio e giungere ad Aleppo. Si dovranno inoltre organizzare e sorvegliare vie per far arrivare i rifornimenti. E anche se le forze lealiste avranno la meglio, subiranno molte perdite umane e materiali, e soprattutto perderanno molto tempo. Inoltre, lasceranno scoperte aree importanti, come Homs e Damasco, ora controllate dal regime ma ancora minacciate dai ribelli. In altre parole, il regime potrebbe tirare troppo la corda.

Gli USA continueranno a osservare questi scontri da lontano. Si tratta di un conflitto complesso: non è soltanto una lotta tra siriani, ma tra Iran e Arabia Saudita, tra Iran e USA, tra Turchia e Iran, tra Russia e USA, e ciascuno persegue interessi diversi. L’Arabia Saudita e l’Iran si scontrano da secoli, e chi combatte oggi è mosso da motivazioni che sono tramandate di generazione in generazione. La Turchia vuole cogliere l’occasione di mostrarsi come modello e leader del mondo musulmano, ma è distratta dai propri ideali e dalle difficoltà interne. La Russia cerca un modo per immischiarsi di nuovo nella polveriera mediorientale per dare del filo da torcere agli USA nella regione e nel frattempo perseguire – indisturbata – i propri interessi nelle ex repubbliche sovietiche. 

Gli USA devono cercare di non farsi coinvolgere in un’altra interminabile vendetta settaria che potrebbe protrarsi per anni e durante la quale gli alleati della Siria dovranno fare immensi sacrifici al fine di impedire che la maggioranza sunnita abbia la meglio sugli alawiti. Dal punto di vista americano, quest’ultima eventualità non sarebbe così negativa. A questo punto, qualsiasi decisione deve essere ponderata con astuzia.

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