I Sauditi
e la situazione in Medio Oriente

31/07/2012

Re Abdullah dell’Arabia Saudita ha indetto una riunione straordinaria di leader islamici alla Mecca il 14-15 agosto. Non si sa se siano stati invitati anche gli Iraniani, o se gli inviti sono stati limitati ai capi sunniti. 

Vi si parlerà certamente del dopo-Assad in Siria. La caduta di Assad costituirà una perdita di influenza dell’Iran nella regione ed evidenzierà la rivalità fra Turchia e Arabia Saudita per rimpiazzarla. Già i due paesi hanno interessi divergenti sulla possibile transizione in Siria. La Turchia sostiene i Fratelli Musulmani, che i Sauditi temono. Perciò i Sauditi sostengono i Salafiti estremisti, come contrappeso ai Fratelli Musulmani nel mondo sunnita. Nella frattura fra Turchi e Sauditi potrebbero insinuarsi facilmente gli Iraniani, puntando a alimentare la rivalità fra le fazioni e favorendo una catena di attentati terroristici come da tempo fanno in Iraq, allo scopo di rendere la Siria ingovernabile e mantenere la regione in condizione di guerriglia civile permanente, finché gli interessi iraniani non vengano riconosciuti e accomodati. 

La  rivalità fra Sauditi e Iraniani è iniziata  nel 1979, quando in Iran venne istituita la Repubblica Islamica, la cui ideologia considera illegittimi i regimi monarchici ereditari. Teheran da allora cerca di estendere la propria egemonia – ed i propri interessi economici – a spese dei Sauditi, sostenendo gli oppositori e i ribelli  in tutti i paesi della penisola arabica, inclusi i miliziani di al Quaeda in Yemen. Negli ultimi mesi l’Iran ha lanciato una campagna diplomatica per aumentare – e migliorare – i rapporti politici e commerciali con  Egitto, Algeria e Giordania,  tutti paesi sunniti. I Sauditi fanno altrettanto, e il summit d’agosto potrebbe far parte di questa  politica, volta ad accrescere il ruolo dei Sauditi nel mondo sunnita. Ruolo che si basa fondamentalmente su due pilastri: la grandissima ricchezza proveniente dalla vendita del petrolio, che permette ai Sauditi di elargire aiuti economici ai vicini in difficoltà, e la custodia della Mecca, capitale religiosa dell’Islam. 

L’ideologia sciita e nazionalista iraniana non è la sola a minacciare la legittimità della dinastia saudita.  Era già stata messa in discussione dal nazionalismo panarabo di Nasser e dei suoi successori. Inoltre la potenza militare saudita è risibile. Il regno dipende quasi totalmente dall’ombrello protettivo americano. La coesione interna è minata da rivalità interne alla numerosa famiglia reale.

Ora la presa del potere da parte dei Fratelli Musulmani – la cui ideologia politica è religiosa ma repubblicana – in Egitto e Tunisia e in altri paesi sunniti è un nuovo pericolo per gli al-Saud, e anche per la monarchia giordana – e potrebbe diventarlo anche per la dinastia del Marocco. Le monarchie sunnite hanno reagito ai recenti rivolgimenti nel mondo arabo concedendo qualche liberalizzazione all’interno, e soprattutto cercando di mantenere in buon equilibrio l’economia del paese, offrendo speranze di miglioramento ai loro sudditi, perché non si lascino tentare dall’avventura delle ‘primavere arabe’ e dei dissesti economici che hanno provocato. 

 

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