I Palestinesi una nazione?

08/01/2012

Newt Gingrich sostiene che i Palestinesi sono una nazione inventata, come  molte altre in Medio Oriente. Ma è un’invenzione che occorre sostenere, sostiene Lee Smith in un articolo scritto per the Tablet nel dicembre del 2011. Eccone i brani più significativi.

“Il problema è che il nazionalismo palestinese non è abbastanza forte. Se lo fosse stato, Yasser Arafat prima e Mahmoud Abbas poi sarebbero stati più inclini ad accettare gli accordi di pace offerti dai primi ministri israeliani e dai presidenti americani; se la leadership palestinese fosse stata un po' più simile ai primi leader sionisti, che volevano uno stato per Israele senza preoccuparsi delle dimensioni che avrebbe avuto, il conflitto avrebbe potuto risolversi in qualunque momento degli ultimi settant'anni.

Dagli anni trenta ad oggi l'Arabia Saudita, la Giordania, l'Egitto, la Siria e l'Iran si sono immischiati nella questione palestinese. Questi paesi si sentono in diritto di interferire nelle questioni relative a un paese straniero in nome di una comune identità panaraba o panislamica. Ammesso che gli Arabi e i Musulmani siano realmente interessati alla questione palestinese (ma le condizioni in cui versano i Palestinesi nei paesi arabi e i miseri aiuti che ricevono da questi ricchi produttori di petrolio fanno nascere più di un dubbio) è comunque pericoloso pensare che la politica internazionale debba adeguarsi alle politiche di altri stati della regione, soltanto perché vantano legami con i Palestinesi.

La gara per stabilire chi meglio rappresenta i Palestinesi non solo mette i vari stati della regione uno contro l'altro, ma canalizza le loro energie distruttive contro gli interlocutori occidentali. È successo ai tempi del pan-arabismo nasseriano, poi con la nascita di movimenti islamisti più o meno radicali, che hanno usato i Palestinesi come un'arma ideologica, sostenendo di far parte della stessa "nazione", a spese del resto del mondo, ma soprattutto dei Palestinesi stessi […]

La politica americana e internazionale deve sganciare la questione palestinese dagli altri problemi della regione e far sì che i Palestinesi abbiano un unico rappresentante: se stessi. […]

È chiaro anche agli osservatori non esperti di Medio Oriente che gli Arabi sono tutt'altro che uniti. Il conflitto iracheno tra sciiti e sunniti, per quel che ne sappiamo, è solo la punta dell'iceberg in una regione dove le guerre civili sono la norma. [...] Il nazionalismo arabo è sempre stato un'ideologia repressiva.  Nato con l’intento di prevenire scontri fra le varie identità, il nazionalismo arabo ha invece provocato un bagno di sangue nel Medio Oriente arabo. Sotto Saddam Hussein ha significato supremazia sunnita e violenta repressione di Curdi e Sciiti. In Siria la minoranza alawita ha usato l'ideologia nazionalista per sottomettere Sunniti e Curdi. In Libano Hezbollah sventola la bandiera del nazionalismo arabo in lotta con il sionismo, con l'obiettivo di intimidire e dominare gli altri soggetti politici libanesi. La violenza e la repressione sono componenti chiave del nazionalismo arabo, ideologia totalitaria come il comunismo e il nazismo, che non tollera differenze o particolarità.

Ora il nuovo mantra della politica estera di molti paesi occidentali è il "mondo islamico" inteso come un unicum.  Al ‘mondo islamico’ infatti si è rivolto Obama nel famoso discorso del Cairo nel giugno 2009: in quell’occasione il Presidente americano ha dimenticato che nel Medio Oriente a maggioranza musulmana esistono altre denominazioni religiose e ideologie non musulmane, ovviamente. Utilizzando il termine ‘mondo islamico’, il discorso del Cairo si è perfettamente allineato all'idea degli islamisti, che considerano i non Musulmani e gli Sciiti soggetti di seconda classe rispetto alla maggioranza sunnita.

La ‘nazione araba’, così come il ‘mondo islamico’, sono astrazioni teoriche. Le democrazie occidentali sono caratterizzate dal rispetto delle minoranze, dagli uguali diritti per persone di diverse identità, antiche o recenti, religiose o etniche o politiche.  Anche la  politica estera occidentale deve basarsi su questo principio fondamentale."

 

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