L'Islam
nella storia nazionale del Pakistan

21/10/2011

È il titolo di un saggio di Aparna Pande (in calce), pubblicato dallo Hudson Institute a ottobre 2011.

Benché il Pakistan sia nato grazie alle pressioni e alle battaglie di un’élite secolare e occidentalizzata e non certo come stato islamico, oggi più del 75% dei Pakistani si considera prima musulmano e solo secondariamente pakistano, e ben il 67% dei Pakistani è favorevole alla islamizzazione dello stato. È evidente che nel paese vi è stata una radicalizzazione, le cui radici vanno ricercate nella costruzione dell’identità pakistana a iniziare dai tempi dell’impero britannico. Furono la giurisdizione e la burocrazia britannica (che privilegiavano gli Indù) e l’introduzione della democrazia parlamentare a far prendere coscienza ai musulmani indiani del loro status di minoranza e a stimolare un primo sentimento nazionalistico che si definì proprio in base all’identità religiosa. Ne derivò l’approccio, cristallizzato negli anni ’30 dalla cosiddetta “two-nation theory”, secondo il quale indù e musulmani non erano semplicemente seguaci di due diverse religioni, ma appartenevano a due comunità distinte, convinzione che sarà principale argomento a sostegno della separazione dall’India indù e della nascita del Pakistan.

Quando  il Pakistan si rese indipendente la maggioranza dei leader era relativamente secolarizzata e politicamente moderata, ma fu ingenua a non comprendere che, se la religione è incorporata come elemento essenziale dell’ideologia nazionale, diventa impossibile rimuoverla dalla vita politica del paese. Leader militari e membri della burocrazia pensarono di poter accomodare le idee degli islamisti senza dover ceder loro spazio politico formale, ma si sbagliarono.  Già nel 1949, infatti, l’Assemblea Costituente pakistana approvò “The Objective Resolution of Pakistan” che legò di fatto l’identità del paese all’islam affermando che “la sovranità appartiene ad Allah”, mentre al contrario l’India mantenne una concezione territoriale, non ideologica, dello stato. Nel 1956 il paese venne poi rinominato “Repubblica islamica del Pakistan” e negli anni ’70, sotto il generale Zia, assunse le sembianze di una teocrazia militare. I leader politici enfatizzarono l’elemento religioso e lo ersero a strumento di unificazione, prevaricando ogni altro attributo della nazionalità (eccetto, forse, il sentimento anti-indiano) e questo comportò enormi violenze nei confronti delle minoranze. L’obiettivo dichiarato dell’élite musulmana era quello di fare del Pakistan la terra promessa di tutti i musulmani del subcontinente, ma l’impresa richiese una nuova narrativa comune, la riscrizione della storia del mondo musulmano.  

Questo avvenne nelle scuole pakistane, che rafforzarono la credenza popolare che il paese non fosse sorto nel 1947, ma circa dodici secoli prima (quando l’islam venne introdotto in India) e che la creazione di un Pakistan indipendente non fosse che il culmine di lotte secolari dei musulmani per distinguersi dagli indù. Un’altra grave conseguenza di tale politica fu la tolleranza - talora l’appoggio - dei gruppi islamisti da parte dell’establishment militare e dei servizi segreti, in quanto utili per perseguire scopi di politica interna ed estera. Ma questi gruppi islamisti sono ora un pericolo per lo stesso esercito pachistano. In ultima analisi  invece di unire la nazione l’escalation religiosa non ha fatto altro che dividere il paese, provocando spaccature anche all’interno dello stesso campo musulmano, e questo dovrebbe far comprendere ai leader pakistani quanto sia urgente trovare nuove basi identitarie per la nazione e per lo stato.

A cura di Valentina Viglione

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