La triplice crisi
del Turkmenistan

08/09/2010

8 settembre 2010   Il Turkmenistan deve affrontare 3 gravi crisi contemporaneamente: ·         la crisi del grano; ·         la crisi del mercato del gas; ·         la crisi finanziaria.   1)      La crisi alimentare.   La crisi del grano che ha duramente colpito la Russia negli ultimi mesi non ha risparmiato il Turkmenistan.   Secondo Strategic Forecast Ashgabat acquista grano sul mercato nero da Russia e Kazakistan.  Ora che la Russia è in difficoltà, il Turkmenistan può fare affidamento esclusivamente sul Kazakistan. Secondo fonti non ufficiali solo la capitale – dove vivono numerosi stranieri – riceve approvvigionamenti di cibo adeguati, mentre nel resto del paese la crisi alimentare è grave.   2)      La crisi del mercato del gas.   Il Turkmenistan possiede la quarta maggiore riserva di gas del mondo, con una produzione che si aggira sui 75 miliardi di metri cubi all’anno, ma paradossalmente non sa a chi venderlo.   Dopo che la Russia ha drasticamente ridotto le importazioni – passando da 50 a 10 milioni di metri cubi all’anno – Ashgabat ha stretto nuovi accordi con Cina e Iran, che importano rispettivamente 5 e 15 miliardi di metri cubi all’anno. Nel 2011 verrà inaugurato un nuovo gasdotto diretto in Cina. Pechino però, consapevole delle difficoltà del Turkmenistan, non intende pagare il gas più di $100 ogni mille metri cubi – per fare un paragone la Russia acquista gas dal Turkmenistan a $250 e lo rivende in Europa a $350-500. Se la situazione rimarrà invariata, il Turkmenistan sarà costretto ad accettare.   3)      La crisi finanziaria   Il 50% del PIL turkmeno proviene dall’esportazione di gas, il 35-40% dal cotone e il resto da ‘altre fonti’ – incluso il traffico di droga. Il calo delle esportazioni di gas ha messo il Turkmenistan in una difficile situazione finanziaria: ha bisogno di prestiti costantemente per la spesa corrente.   La Cina ha prestato al governo turkmeno $4 miliardi, a condizione che ne investisse 3 per migliorare l’infrastruttura per l’energia, e ha offerto di prestare altri $5 miliardi.   Il Turkmenistan preferirebbe attrarre gli investimenti delle major occidentali – fra cui l’ENI, la Chevron e la ConocoPhilips – ma non sarà facile, dato che in passato il governo ha più volte cancellato contratti o nazionalizzato interi progetti di punto in bianco.   LA MINACCIA RUSSA   La delicata struttura clanica del Turkmenistan rischia di essere sconvolta dalle diverse crisiche imperversano nel paese. Il clan Teke, attualmente al potere, ha offerto agli altri due clan più importanti – Balkan e Mary – importanti fette del mercato energetico e cotoniero per tenerli a bada. Ma ora i clan sono stati duramente colpiti dalla crisi, e non riescono più a ‘sfamare’ la popolazione delle regioni che amministrano.   Per far fronte all’instabilità generata dalla crisi il governo - guidato da Gurbanguly Berdimukhammedov - ha aumentato la repressione mettendo a tacere i media e limitando pesantemente gli spostamenti non solo verso l’estero, ma anche fra le varie regioni del paese.   Ashgabat teme che la Russia sfrutti l’occasione per imporre la propria egemonia in modo netto. Mosca, che in passato è intervenuta più volte a fianco dell’attuale regime per riportare la calma nel paese, dispone ancora di molti strumenti per condizionare la politica turkmena: ad esempio intrattiene solidi legami con i clan Mary e Balkan e potrebbe architettare un cambio al vertice se l’attuale regime non si dimostrasse abbastanza ‘accondiscendente’ – come ha fatto di recente in Kirghizistan.     A cura di Davide Meinero  

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