Eserciti d'Europa
la grande riforma

01/09/2010

1 settembre 2010   Dopo il crollo dell’URSS  la nuova realtà geopolitica spinse gli Europei a riformare i propri eserciti: non sarebbe più stato necessario schierare massicci contingenti nella Grande Pianura Europea per arginare un eventuale attacco russo.     Nei primi anni ’90 i governi europei pensavano di esser capaci di provvedere alla sicurezza dell’ Europa, e di aver peso nella sicurezza globale, ma dopo il primi fallimenti nei Balcani - e successivamente in Afghanistan - si accorsero di non avere gli strumenti adatti: le nuove missioni  richiedono l’impiego di truppe di spedizione agili e leggere, capaci di agire al di là dei confini nazionali. Per vincere non basta più un migliore equipaggiamento, ma occorrono truppe altamente specializzate, ottime capacità logistiche e ufficiali addestrati a prendere decisioni rapide sul campo delle operazioni. Perciò molti paesi, fra cui l’Italia, negli ultimi vent’anni hanno abolito la leva e l’esercito di popolo, in favore di un esercito professionale.   Con lo scoppio della crisi economica il processo di riforma ha subito un’accelerazione: sull’onda dei tagli alla spesa pubblica (che hanno interessato anche il settore militare) i governi europei hanno deciso di ridimensionare il numero di soldati, puntando su un maggior livello di specializzazione.   Di fatto la crisi rappresenta un’opportunità non solo per il settore bellico, ma anche per l’integrazione europea: sono sempre più numerosi i paesi che per risparmiare hanno deciso di unire le forze per evitare inutili ‘doppioni’, e hanno avviato  progetti di cooperazione militare – ad esempio Svezia e Norvegia stanno sviluppando l’Obice Archer 155 a propulsione automatica, mentre Germania e Olanda (prima del ritiro) hanno condiviso la flotta aerea per l’appoggio alle truppe in Afghanistan.   La Polonia, che assumerà la presidenza dell’UE nel 2011, ha annunciato di voler promuovere la coordinazione delle politiche difensive dei paesi europei. Se Francia e Germania appoggiassero l’iniziativa, l’UE potrebbe ottenere importanti risultati in minor tempo – anche sul piano dell’integrazione politica.     

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