La Russia ricostruisce i confini dell'impero

12/03/2010

11 marzo 2010
 
Negli ultimi tempi l’influenza dell’Occidente nei paesi  dell’ex Unione Sovietica è drasticamente diminuita: la Russia ha creato un’unione doganale con Kazakistan e Bielorussia e in Ucraina il potere è passato nuovamente nelle mani di un presidente filo-russo. Mosca sta nuovamente imponendo la propria egemonia sulle ex repubbliche sovietiche, anche se non è ancora chiaro fino a che punto vorrà continuare ad espandersi.
 
La paura russa.
 
Il principale problema della Russia è la mancanza di barriere naturali che la proteggano dalle minacce esterne – non dispone di fiumi, oceani, paludi, montagne che la separino dai paesi limitrofi. Storicamente dunque Mosca deve:
1)      mantenere un rigido ordine interno per bloccare sul nascere l’influenza straniera;
2)      creare zone cuscinetto ai confini.
La Russia può essere forte soltanto se circondata da stati vassalli. L’Unione Sovietica era molto forte e riusciva a proiettare il suo potere oltre i confini perché che era riuscita a circondarsi di una sfera di stati sotto il suo controllo - dall’Asia centrale al Caucaso, all’Europa orientale. Ma con il crollo dell’URSS la Russia è diventata estremamente debole e i suoi confini sono tornati quelli del XVII secolo – ad eccezione della Siberia.
 
Negli anni ’90 gli Stati Uniti, vincitori indiscussi della Guerra Fredda, ebbero l’occasione di  contenere la Russia e prevenirne la rinascita. Dapprima Washington cercò di incoraggiare i movimenti democratici e le forze capitaliste all’interno della Russia, ma questo generò esclusivamente il caos – anche se impedì al governo russo di imporsi sulla scena internazionale.
 
Gli Stati Uniti poi si rivolsero ai paesi satelliti dell’URSS nel tentativo di trascinarli nell’orbita occidentale offrendo loro incentivi economici e a fomentando ‘rivoluzioni colorate’ in Georgia, Azerbaigian, Ucraina, Kirghizistan. Molti paesi dell’Europa dell’est entrarono a far parte della NATO e dell’UE, mentre Washington aprì diverse basi in Kirghizistan e Uzbekistan per inviare  rifornimenti alle truppe in Afghanistan.  
Mosca percepì queste mosse dell’Occidente come una minaccia alla propria sicurezza, ma non poté fare nulla in quanto doveva innanzitutto risolvere i problemi interni. Ma sotto la guida dell’ex presidente (e attuale primo ministro) Vladimir Putin il Cremlino si riappropriò del controllo   politico ed economico sul paese e sulle sue riserve di energia – ponendo fine al potere degli oligarchi e della criminalità organizzata e soffocando la minaccia cecena. Grazie alla centralizzazione dello stato e del settore energetico, la Russia mise le mani sugli introiti necessari per finanziare la rinascita.  
 
La finestra di opportunità.
 
A partire dal 2001 l’attenzione degli USA è stata accentrata sulle guerre in Afghanistan e Iraq, e la Russia ne ha approfittato per accelerare l’ascesa e accrescere la propria influenza sui paesi dell’ex Unione sovietica, arginando l’infiltrazione occidentale.
Mosca ha continuato a servirsi dei propri legami in Medio Oriente e in Afghanistan per evitare che gli Stati Uniti raggiungessero i paesi alla sua immediata periferia – ad esempio ha firmato accordi politici e militari con l’Iran e reso difficile agli USA il trasporto dei rifornimenti in Afghanistan.
Con Washington impegnata in Medio Oriente, la Russia è riuscita a consolidare la propria influenza in Bielorussia e Kazakistan, e ha usato anche le armi contro gli avversari più resistenti – durante la guerra russo-georgiana del 2008. Ma la vittoria più importante è in Ucraina, dove la popolazione ha eletto recentemente un candidato filorusso mettendo  fine alla Rivoluzione Arancione avviata da Yushchenko.
Che cosa cercherà ancora di ottenere la Russia prima che gli Stati Uniti si ritirino dall’Afghanistan e risolvano la disputa con l’Iran?
 
Il piano russo.
 
Il Cremlino vuole estendere la propria egemonia sugli stati dell’ex Unione Sovietica e del patto di Varsavia per proteggere i confini e garantirsi maggiore stabilità all’interno. La Russia ha diviso i paesi che facevano parte dell’URSS in tre categorie :
 
1 - i paesi su cui la Russia deve assolutamente consolidare la presa: Bielorussia, Ucraina e Georgia.  Questi paesi separano – e proteggono – la Russia dall’Asia e dall’Europa e permettono a Mosca di avere acceso al Mar Nero e al Mar CaspioSenza questi tre paesi,  perfettamente integrati nel cuore agricolo e industriale russo, il Cremlino è impotente.
Finora Mosca ha già stretto la presa su Bielorussia, Kazakistan, Ucraina e parzialmente sulla Georgia con la guerra del 2008.
 
2 - Poi vi sono i paesi  di importanza meno vitale, ma su cui la Russia vorrà sicuramente agire prima che Washington si svincoli dai conflitti mediorientali: Estonia, Lettonia, Lituania, Azerbaigian, Turkmenistan e Uzbekistan. Questi paesi si trovano in posizioni strategicamente importanti – l’Estonia ad esempio si trova a due passi dalla seconda più grande città della Russia, San Pietroburgo, e ha accesso al Mar Baltico.
 
3 - Il terzo gruppo comprende quei paesi che non sono di fondamentale importanza per la sicurezza russa, ma che potrebbero comunque essere manovrati tranquillamente dal Cremlino a causa della loro debolezza: Moldavia, Kirghizistan, Tagikistan e Armenia. Questi paesi non possiedono particolari ricchezze, e peraltro essendo deboli e tendenzialmente instabili potrebbero portare più problemi che vantaggi alla Russia.
 
Ci sono poi paesi con cui la Russia vorrebbe avere buoni rapporti e su cui vorrebbe esercitare influenza : Germania, Turchia, Francia e Polonia. Questi paesi potrebbero competere con il Cremlino per il controllo d’Eurasia. Approfittando della ‘distrazione’ degli USA, la Russia sta cercando di portarli dalla propria parte, ma deve fare attenzione a non esagerare, perché potrebbe inimicarseli. 
 
Il fattore tempo
 
La Russia è riuscita dunque a raggiungere notevoli risultati negli ultimi anni, ma è consapevole del fatto che gli Stati Uniti vogliono accelerare il ritiro dal Medio Oriente per concentrarsi su altre aree di vitale importanza. Quando gli USA avranno di nuovo le mani libere, la vita per il Cremlino tornerà a farsi più difficile.
 
A cura di Davide Meinero
 

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