Gran Bretagna
crisi e prospettive future

16/02/2010

Secondo le stime rilasciate dall’Ufficio Nazionale di Statistica il 26 gennaio 2010, la Gran Bretagna è uscita dalla recessione nell’ultimo trimestre del 2009 - anche se il PIL è cresciuto soltantodello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Ci vorrà ancora tempo prima che la Gran Bretagna risolva definitivamente i problemi e torni a crescere davvero.   La Gran Bretagna è sempre stata un importante centro finanziario internazionale: Londra  ha sempre attratto capitali dall’estero  generando così  crescita, nuovi posti di lavoro e grandi guadagni. Tuttavia la crisi finanziaria ha colpito il sistema bancario inglese tanto duramente da spingere il governo a correre in suo soccorso per evitarne il tracollo economico. A conti fatti, occorre ora domandarsi: quale sarà il futuro delle Gran Bretagna? Quando riprenderà a crescere?   La speculazione   Per la maggior parte dello scorso decennio l’economia inglese – come molte altre economie dei paesi occidentali – è cresciuta in misura esponenziale grazie all’aumento delle attività finanziaria e all’aumento dei prezzi. Questa situazione di interdipendenza fra settore finanziario e economia in senso lato ha generato crescita e quindi un aumento degli introiti fiscali. Tuttavia la crisi finanziaria internazionale ha messo a nudo i difetti del sistema finanziario britannico, basato su un costante aumento del debito e sull’effetto leva (‘leveraging’).   Il principio della leva finanziaria è questo: -          si concedono finanziamenti su garanzia (ad esempio si concede un mutuo sulla casa),  -          se il prezzo di mercato delle garanzie (l’attivo) aumenta, a fronte delle stesse garanzie degli anni precedenti si concedono altri prestiti, perché a bilancio paiono esserci più garanzie, più attivo. Invece si tratta soltanto di una variazione nella valutazione -          la concessione di nuovi finanziamenti (mutui ad esempio) aumenta la domanda (ad esempio di immobili) e questo fa sì che il prezzo di mercato degli immobili aumenti ulteriormente, -          e questo permette una nuova rivalutazione dell’attivo che permette alla banca di concedere altri prestiti, e così via. Si autoalimenta una ‘bolla’ di mercato, che ad un certo punto si sgonfia.      Una volta avviato, questo meccanismo è difficile da interrompere, dato che qualsiasi intervento rischia di far crollare il valore dell’attivo – il che potrebbe causare gravissimi problemi all’economia. Dopo lo sgonfiarsi della bolla del mercato immobiliare giapponese nel 1991, il mercato immobiliare e il mercato finanziario non si sono ancora ripresi. In Gran Bretagna la recessione è legata proprio al surriscaldamento del mercato immobiliare locale nel periodo precedente allo scoppio della crisi finanziaria internazionale – la speculazione era arrivata ad un livello tale da mettere a rischio sia le banche che il mercato immobiliare.   L’allentamento delle restrizioni sull’erogazione dei prestiti degli anni ’80 e ’90 ha generato un aumento esponenziale dell’indebitamento non solo in Gran Bretagna, ma anche negli Stati Uniti e in Europa. L’indebitamento delle famiglie inglesi è passato dal 100% dello stipendio nel 1997 al 180% nel 2007, e nello stesso periodo i prezzi delle case in Gran Bretagna sono triplicati.   Le banche inglesi sull’onda dell’aumento dei prezzi immobiliari hanno continuato ad aumentare aumentato il volume dei prestiti – tanto che il settore finanziario inglese dal 1990 al 2008 ha triplicato l’esposizione a rischio, fino a raggiungere il 200% del PIL del paese. In un recente studio l’agenzia McKinsey & Co. ha stabilito che il totale dei debiti accumulati fra il 1990 e il 2009 da aziende, famiglie e governo era passato dal 200% al 400% del PIL.   La ripresa   Quando la domanda di immobili  ha iniziato a diminuire, le banche e i consumatori si sono accorti di aver esagerato. I debitori non riuscivano più a ripagare i debiti, i titoli  immobiliari hanno iniziato a perdere valore. Quindi è subentrato un fenomeno leva al contrario (il ‘deleveraging’) e il crollo dei titoli immobiliari ha trascinato nel caos i più grandi istituti finanziari negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Le banche hanno dovuto ridurre il volume dei prestiti – e dunque hanno ridotto la quantità di denaro in circolazione. Di conseguenza la domanda di immobili è  ulteriormente diminuita, causando un ulteriore calo dei prezzi e così via, fino a quando le banche sono state costrette a bloccare totalmente la concessione di finanziamenti (anche ad altri istituti bancari) per alcuni mesi.   La banca inglese Northern Rock è stata la prima a crollare, ed è quindi stata nazionalizzata nel febbraio del 2008. Poco dopo il fallimento della Lehman Brothers, negli Stati Uniti, il governo britannico ha dovuto salvare altre due banche – la Royal Bank of Scotland e la HBOSche avevano un bilancio pari a 3 trilioni di sterline - ovvero più del 200% del PIL della Gran Bretagna.   Londra ha cercato di bloccare l’implosione del settore finanziario tagliando i tassi di interesse, ricapitalizzando le banche, offrendo garanzie per i prestiti già erogati e attuando il “quantitative easing” (QE) – cioè essenzialmente stampando nuova carta moneta. Il QE normalmente è considerato pericoloso perché può aumentare il tasso d’inflazione, ma allo stesso tempo può aiutare i governi a sanare i buchi di bilancio. Il governo britannico non era mai intervenuto in maniera così massiccia nel settore finanziario.  Secondo un rapporto pubblicato dal British National Audit Office le misure anticrisi messe in atto dalla Tesoreria britannica sono state pari a 846 miliardi di sterline, ovvero il 58% del PIL della Gran Bretagna.   Le sfide future   Londra è riuscita ad evitare il collasso dell’economia, e secondo le ultime statistiche anche la recessione sembra ormai alle spalle. Tuttavia il quadro economico generale resta piuttosto incerto. I politici di tutto il mondo stanno discutendo quali misure mettere in atto a livello internazionale per evitare che una crisi del genere possa ripresentarsi. Una delle proposte riguarda l’introduzione di un tetto massimo di indebitamento che, se implementato, potrebbe creare notevoli problemi alla Gran Bretagna.  Le banche britanniche sono fra le più indebitate del mondo e per sottostare alle nuove regole sarebbero costrette a aumentare il capitale oppure ridurre il volume dei prestiti già erogati – entrambe misure che porrebbero un limite al credito disponibile e frenerebbero quindi la ripresa economica. Con ogni probabilità dunque Londra darà battaglia per evitare che le nuove misure finanziarie vengano approvate.  

Lascia un commento

Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!

Accedi

Non sei ancora registrato?

Registrati

I vostri commenti

Per questo articolo non sono presenti commenti.